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Collina nord – Dieci sì ma tante riserve

Ai sindaci della cintura piace la nuova ripartizione territoriale del piano delle aggregazioni – Di fusioni però non si vuole ancora sentir parlare: «Guai a metterci pressioni inopportune»

aggregazione cartina luganese

«L’idea di Collina nord ci piace, ma le aggregazioni possono aspettare». È questo in estrema sintesi il riassunto della lettera che dieci sindaci del Luganese hanno inviato, mercoledì pomeriggio, al consigliere di Stato Norman Gobbi. Dieci firme per confermare al Dipartimento delle istituzioni un «sì di massima» al nuovo scenario territoriale previsto dal Piano cantonale delle aggregazioni (PCA). A sottoscriverla, in rappresentanza dei loro Municipi, sono stati i sindaci di Cadempino, Canobbio, Comano, Cureglia, Massagno, Origlio, Ponte Capriasca, Porza, Savosa e Vezia.

Obbiettivo raggiunto

Quando la prima versione del PCA venne presentata, nel novembre del 2013, il PCA prevedeva un Luganese diviso in soli sei Comuni (Vedeggio, Medio Vedeggio, Capriasca, Malcantone est, Malcantone ovest e Val Mara) e una Lugano da 98.000 abitanti – che sarebbe così diventata la settima città elvetica per popolazione «superando» Lucerna e San Gallo – che avrebbe inglobato Massagno, Paradiso, Canobbio, Porza, Savosa, Vezia, Cureglia, Muzzano, Sorengo, Collina d’Oro, Grancia, Melide, Vico Morcote e Morcote. Una proposta che aveva portato a una vera levata di scudi da parte di buona parte dei Municipi «costretti», appunto, a entrare in Lugano. Il Dipartimento, proprio su spinta di questi Comuni che a gran voce chiedevano di prendere in considerazione l’entità territoriale di Collina nord, ha in seguito riconosciuto l’unicità dell’immediata periferia della città garantendo appunto la possibilità di preservarne anche in futuro l’autonomia.

Per i dieci Comuni dunque ora l’obbiettivo sembra raggiunto, anche se – a ben guardare – non è detto che le loro intenzioni e quelle del Dipartimento delle istituzioni siano le stesse. Il Piano cantonale delle aggregazioni, come del resto indica il nome stesso, è stato pensato per promuovere ulteriormente il fenomeno aggregativo. Aggregazioni che invece i 10 sindaci firmatari della lettera giudicano «per nulla necessarie a medio termine». «A scanso di equivoci – si legge nel testo – viene integralmente ribadita la considerazione circa l’attuale comprovata e manifesta capacità dei Comuni a garantire, tramite le proprie autonomie, una gestione ottimale alle proprie amministrazioni comunali, con piena soddisfazione della popolazione residente».

In questo senso dunque, piuttosto che di fusioni, il disegno proposto dal Cantone viene visto come «scenario di riferimento». Uno scenario «in cui rapportarsi per tutte quelle problematiche che, già da tempo, ci vedono attivi protagonisti in collaborazioni e relazioni intercomunali di successo». La lettera si chiude poi con un invito: «Importante è che su questo scenario di riferimento non si voglia premere con tempistiche del tutto inopportune e affrettate: soprattutto si attendano gli eventi che, a nostro giudizio, in un futuro per il momento piuttosto lontano, andranno a determinarsi nelle nostre popolazioni».

Cadempino si stacca da Lamone

Ma non a tutti questa ripartizione territoriale è piaciuta. Lamone – pur partecipando inizialmente agli incontri con i sindaci – la lettera non l’ha sottoscritta e, anzi, nei prossimi giorni prenderà posizione in modo indipendente. Non è un mistero che il Municipio si senta maggiormente appartenente alla valle del Vedeggio e dunque guardi con più entusiasmo verso Torricella-Taverne, Bedano, Gravesano e, perché no, Manno e Bioggio. E non è neppure un mistero (cfr. il CdT del 7 luglio) che Lamone abbia sempre considerato Cadempino come il primo partner con cui iniziare a parlare di aggregazioni. Gli indirizzi dei due Comuni sembrano a questo punto divergenti, anche se Lamone intende continuare, nonostante tutto, a flirtare con Cadempino.

Corriere del Ticino, 23.9.2016, J.R.

 

 

 

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