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Franco forte, c’è chi valuta anche la delocalizzazione

Per combattere gli effetti negativi del franco forte dalla Rivopharm Sa, azienda farmaceutica con sede a Manno, valuta la delocalizzazione di parte dell’attività nell’Unione Europea

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MANNO – “Calma e sangue freddo”. L’invito giunge da Piero Poli, presidente e amministratore delegato della Rivopharm, nonché membro del comitato di Farma Industria Ticino, associazione che riunisce le imprese attive nel settore chimico, farmaceutico e biotecnologico.

L’improvvisa e per certi versi inaspettata tempesta valutaria di metà gennaio, dovuta alla decisione della Banca Nazionale Svizzera di sganciare la valuta elvetica dall’euro, suscita apprensione tra gli imprenditori e forti incertezze tra i lavoratori.

Negli ultimi giorni si susseguono le notizie di aziende ubicate in Ticino e nel resto della Svizzera che hanno deciso di tagliare gli stipendi ai lavoratori e di stralciare bonus e tredicesime. L’ultima giunge da Basilea, dove il gruppo Straumann, specializzato nella produzione di protesi dentarie, ha informato martedì mattina di aver deciso di versare i salari in euro e di stralciare una parte del bonus 2015 ai dipendenti. Al sacrificio non saranno chiamate soltanto le “tute blu”: il presidente della direzione generale Macro Gadola taglierà del 35% il suo compenso, mentre i consiglieri di amministrazione vedranno le loro retribuzioni abbassarsi del 28%.

Tra le informazioni e fughe di notizie che circolano in questo periodo carico di incognite per il futuro della piazza industriale e produttiva ticinese, vi è anche quella, giunta in redazione, in cui si dice che la Rivopharm avrebbe deciso di decurtare del 15-20% lo stipendio ai lavoratori frontalieri, ai quali sarebbe stato chiesto di firmare un documento per accettare la misura.

La notizia è smentita categoricamente dal presidente e amministratore delegato dell’azienda, Piero Poli: “Rivopharm SA e le sue consociate attualmente non hanno deciso, né attuato alcun cambiamento per quanto concerne le retribuzioni salariali”.

Tuttavia, come ci ha spiegato Poli, la rivalutazione del franco e le difficoltà legate alla competività sull’export, obbligano le aziende a valutare nuove vie per restare competitivi in un mercato globalizzato che non concede sconti. E la Rivopharm, “non essendo una Onlus”, come tutte le imprese ubicate nel cantone, sta analizzando la situazione, valutando differenti ipotesi a tutto campo. Tra le ipotesi vi è anche quella della delocalizzazione. Poli ci ha riferito del viaggio ieri per valutare la possibilità di ubicare una parte della produzione in un paese della Comunità Europea.

Questa è, come detto, soltanto un’ipotesi e la Rivopharm ha una filosofia aziendale che non prevede, come ha sottolineato Piero Poli, “di abbassare il potere di acquisto della forza impiegata, sia essa residente o frontaliera”. La volontà è, infatti, di restare in Ticino, di mantenere i posti di lavoro e di non toccare il potere d’acquisto, mantenendo la massa salariale in franchi svizzeri, ma valutando la possibilità di un collegamento al cambio franco/euro con un aumento del 5% del potere d’acquisto al fine di neutralizzare ed addirittura superare l’incremento del costo della vita dei propri dipendenti: “la nostra volontà – ha precisato Poli – è di mantenere tutta la forza lavoro impiegata così da non aggravare ulteriormente la difficile situazione congiunturale”; Rivopharm, che comunque non ha ancora preso una decisione ufficiale, ha inoltre chiesto a tutti i 140 dipendenti, sia italiani che svizzeri, residenti e non, di prendere parte a tale processo decisionale in modo da poter condividere le scelte aziendali in questo particolare momento.

Tio.ch, Articolo di p.d’a., 3.2.2015

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